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sabato 10 febbraio 2024

Sei mesi dal trapianto

Eccoci arrivati ai primi sei mesi dal trapianto. Sono stati mesi intensi, densi. Intanto la fine della dialisi, che è buona cosa, poi una ripresa lenta, fatta di alti e bassi, come l’umore. Fatta anche di un ricovero per “sospetto rigetto” che poi è rimasto, al momento, solo sospetto. Il tutto grazie alla supervisione di medici capaci. In questi mesi la strada Lecce Bari l’abbiamo percorsa mille volte e altre mille, quasi pendolari del policlinico. Ed ho imparato a conoscere amici di ricovero, a ritrovarli nelle visite periodiche, e come si fa fra vecchi amici ci si racconta del come va, si parla di creatinina con la disinvoltura con cui prima parlavi di uno spritz.

Cambia la vita dopo un trapianto o tutto torna normale come prima? Macchè, tutto cambia i tempi si dilatano, la lentezza prende il sopravvento, il tempo è scandito dalle 15 pillole giornaliere, ad ore diverse, ai controlli della pressione che si muove in modo bizzarro e che le pillole non riescono a domare, alla misura di quanto si beve e via dicendo. Più avanti forse cambieranno le cose, al momento così è.

Si esce sempre con la mascherina in tasca, se si frequentano luoghi troppo affollati la si indossa. Un trapiantato ha pochissime difese immunitarie, una banale infezione come un raffreddore può diventare un problema, il cane che ti accompagna da un decennio può diventare un problema, insomma, occorre guardarsi attorno e riguardarsi. In più c’è il problema del peso che ti è rimasto addosso e che devi smaltire. In più ci sono tutte le inezie legate all’età che incombe e non perdona. Anche per questo la ripresa è lenta, costante forse, ma lenta.

In tutto ciò la voglia di rinascita è grande, e grande rimane il ringraziamento per i familiari della mia donatrice. I primi sei mesi l’abbiamo sfangata, ora proseguiamo verso una normalità ritrovata.  Auguri, i migliori, a tutti gli amici trovati in questo percorso,

soprattutto ai giovani e giovanissimi, e non sono pochi, che hanno dovuto affrontare questa strada. E auguri a che sta in dialisi e aspetta il suono del telefono e una voce che dice "c'è un donatore per lei".


Centro nazionale trapianti


Ogni cittadino maggiorenne può esprimere il proprio consenso o dissenso finalizzato alla donazione di organi e tessuti dopo la morte attraverso una delle seguenti modalità:

Schema

  • presso gli uffici anagrafe dei Comuni al momento del rilascio o rinnovo della carta d’identità (in questo video maggiori informazioni)
  • compilando il modulo dell'AIDO - Associazione Italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule
    • online, se si è in possesso della SPID o della firma digitale
    • presso una delle sedi dell'associazione
  • firmando il modulo presso la propria Azienda Sanitaria Locale (ASL) di riferimento
  • compilando il tesserino del CNT o il tesserino blu del Ministero della Salute, oppure una delle donor card distribuite dalle associazioni di settore; in questo caso è necessario stampare la tessera e conservarla tra i propri documenti personali. Inoltre è opportuno comunicare la propria decisione ai familiari
  • riportando la propria volontà su un foglio bianco, comprensivo di data e firma; anche in questo caso è necessario custodire questa dichiarazione tra i propri documenti personali

venerdì 12 gennaio 2024

minacce e insulti via web agli amministratori leccesi

 «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli»(U. Eco)

 Aveva ragione solo in parte, Umberto Eco, quello che si sta palesando in questi giorni in una piccola città, in fondo all’Italia, è peggio, non si tratta solo di imbecilli, siamo di fronte ad atti di vera e propria criminalità da denunciare immediatamente alle autorità giudiziarie.

Lecce, alcuni peones di chissà chi, rivolgono sui social pesanti insulti sessisti pieni di livore all’assessore Rita Miglietta, salvo poi cancellare le porcate scritte. Per fortuna qualcuno ha fatto e ripubblicato lo screenshot della conversazione fra incivili e si auspica che un’azione giudiziaria vada a buon fine. Se il non sapere o l’errore sono emendabili, la volontà di provocare anche reazioni violente in interlocutori che vogliano assurgere pure loro al ruolo di peones di qualcuno sembra palese.

Passano pochi giorni e due personaggi, uno un pittore di discutibile levatura artistica, che pare viva a milano, e una sua interlocutrice, pubblicano post sulla necessità di opporsi al sindaco in persona con proiettili veri. Pure questo sembra un invito a reagire con violenza anziché con la politica e la critica che, condivisibile o meno, rimane la via maestra per spronare un’amministrazione a fare meglio.

Avesse ragione Eco e si trattasse solo di imbecilli la cosa morirebbe lì, qui siamo invece oltre il confine, qui si tratta invece di persone, quelle che si chiamavano quaquaraqua, probabilmente con seri problemi sessuali, che forse si divertono leggendo di stupri e femminicidi, sicuramente invitano altri alla violenza verbale e probabilente non solo.

Il secondo caso non è meglio o peggio del primo, è ugualmente criminale e da denunciare alle autorità. In un dibattito civile non deve esserci posto per queste porcate.

In entrambi i casi, oltre alla minaccia, esiste la volontà, magari non espressa ma sottesa, di istigare non al dibattito, piuttosto ad una violenza più estesa e diretta.

lunedì 1 gennaio 2024

Buon nuovo anno Sanità Pubblica

 I trapianti nel 2022

Gli interventi eseguiti sono stati: 2.038 di rene, 1.474 di fegato, 254 di cuore, 138 di polmone e 38 di pancreas. I dati relativi ai trapianti di rene e fegato si riferiscono agli interventi realizzati da donatore deceduto e vivente. I donatori del 2022 sono stati complessivamente 1.830. (Ministero della salute)

 

https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2023/12/31/bimba-piuma-salvata-a-bologna-pesava-solo-otto-etti_660271a9-e535-44fe-831f-d698ddc82057.html

 

Sono solo due delle centinaia di notizie che scaldano il cuore. Succede tutto ciò nonostante qualcuno ai piani alti si ostini pervicacemente a considerare la sanità pubblica uno scempio e spreco di risorse. Così hanno depotenziato i medici di medicina generale (già medici condotti, già medici di base), hanno ridotto all’osso il personale ospedaliero e le forniture (Nel più importante ospedale di Puglia mi si dice «dobbiamo usare fialette pediatriche per i prelievi perché non ci forniscono altro»).  Medici e infermieri che fanno doppi turni per sopperire alle mancanze e per aver cura dei pazienti. Pronto soccorsi al limite che esplodono per il troppo lavoro e la cronica mancanza di personale. Neolaureati sottopagati che giustamente fuggono fuori Italia, e potremmo continuare con una litania infinita. Nonostante tutto ciò la cura esiste, ed esistono le eccellenze, e, al momento, sia pure depotenziata, esiste ancora una parte di sanità pubblica, esiste e resiste. Quella sanità che ci ha messo ai primi posti al mondo per assistenza.

Nonostante ciò qualcuno pensa mediocremente al suo piccolo orticello di voti comprati con promesse di inutili (e dannosi per l’ambiente) ponti. Nonostante ciò il PIL prosegue a fare il suo lavoro di fumo negli occhi, un paziente è spesa, vendere armi a paesi in guerra è incasso. Nonostante ciò non possiamo che augurarci un nuovo anno urlando “resistere, resistere, resistere”.

 

 

venerdì 15 dicembre 2023

Gli anni delle stragi, Pinelli e gli altri

Era il 1969, era il 15 dicembre. Solo tre giorni prima una maledetta bomba aveva squarciato una banca e un’intera generazione che cascò dalla rivendicazione di libero pensiero e di diritti ora giudicati elementari, quali le assemblee a scuola, il dialogo fra studenti e operai, possibilità di esprimersi liberamente con le parole, con l’abbigliamento, con la musica, all’inconcepibile sensazione di essere in una guerra subdola, fatta di bombe fra la gente,  di tentati colpi di stato. Con la superpotenza detta faro delle democrazie, che foraggiava golpisti in centro sud America come in Italia e Grecia.

Quel 12 dicembre, si dice, “perdemmo l‘innocenza”. Lo squarcio era fatto.



E il 15 dicembre un ferroviere anarchico, uomo pacato, venne prelevato da casa, però sulle gazzelle non c’era posto e Calabresi, il commissario poi assassinato da ignoti criminali, gli disse “vieni col tuo motorino”. Lui sapeva che non sarebbe fuggito, perché Pino Pinelli era uomo di parola, e andò in commissariato, ne uscì solo dalla finestra del quarto piano. Nonostante una sentenza ignobile che parlò di malore attivo, il sospetto, per noi la certezza, che mani insanguinate lo spinsero giù è ancora viva, vera. Giuseppe Pinelli, detto Pino, è uno, solo uno,  dei caduti per un ideale di libertà. Altri lo seguiranno negli anni successivi.

 

Le stragi neofasciste in Italia (1969-1980)

12 dicembre 1969: strage di piazza Fontana, Milano. 17 vittime22

luglio 1970. Strage presso la stazione di Gioia Tauro (Reggio Calabria). 6 vittime

31 maggio 1972: strage di Peteano. 3 vittime

17 maggio 1973: strage di via Fatebenefratelli, Milano. 4 vittime

28 maggio 1974: strage di piazza della Loggia, Brescia. 8 vittime

4 agosto 1974: strage sul treno Italicus, vicino Bologna. 12 vittime

2 agosto 1980: strage alla stazione di Bologna. 85 vittime

Totale: 135 vittime.

 

L’impunità è stata altissima, dovuta in particolare alle connivenze e ai depistaggi messi in atto da una parte delle forze di sicurezza dello stato (Servizi segreti, Ufficio Affari

Riservati del Min. Interno e uffici politici della Pubblica Sicurezza, Carabinieri), a beneficio dei responsabili delle stragi.

 

Inoltre, sempre con connivenze all’interno degli apparati statali e con i placet di Washington, ci sono stati tentatici di golpisti:

 

“Piano Solo” (Gen. De Lorenzo) 1964

Golpe Borghese 8 dicembre 1970

“Rosa dei venti” 1971-1973

Golpe “bianco” (Edgardo Sogno) estate 1974

 

In tutto questo i ragazzi di allora hanno vissuto, nonostante tutto questo sono stati anni di fermento democratico, sono sbocciati diritti come il divorzio, come la libertà delle donne di decidere del proprio destino, come lo statuto dei lavoratori.

Oggi qualcuno vuole cassare quelle conquiste, se non tutte, almeno una buona parte. Rimaniamo noi e rimane il nostro dovere di portare avanti la memoria e rileggere la storia recente, con caparbietà.

Noi il 12 dicembre e il 15 dicembre 1969 lo ricordiamo non con nostalgia, ma con rabbia. Hanno tentato di annichilire una generazione. Anche qui sta la grandezza della Democrazia, quella che contiene gli anticorpi a tutto ciò.

giovedì 28 settembre 2023

Su trapianto organi e importanza del donare

 Ringrazio Lecceprima per avere accolto queste mie righe sul trapianto di rene, ma soprattutto sull'importanza della donazione di organi. 

Millecinquecentosessanta sono i buchi fatti in cinque anni di dialisi. Tre volte a settimana, ogni volta due buchi, arteria e vena. Ogni seduta 4 ore. Tremilacentoventi ore. Il reparto dialisi diventa quasi casa, e gli angeli della dialisi, le infermiere e gli infermieri con i quali c’è frequentazione, con loro si scherza, e si parla dei figli, della scuola, delle vacanze, questi angeli sono presenti, attenti. Con i pazienti sono sempre positivi nonostante i problemi ormai atavici della sanità che qualcuno vuole privatizzare in toto, che altri vogliono devolvere alle regioni perché facciano scempio di un servizio che eticamente deve essere orizzontale, uguale per tutti, ma che vogliono ad ogni costo verticalizzare, se hai soldi ti curi. In questi anni, fra un buco e l’altro, ho visto doppi turni sfiancanti, riposi negati ed altre oscenità per carenza di personale. Ma loro erano sempre lì, con un sorriso ed una professionalità degna di considerazione, stipendi e riconoscimenti più elevati.

Dietro ogni dializzato ci sta una famiglia legata a filo doppio ai turni di dialisi, alla difficoltà di muoversi senza prevedere un posto dialisi altrove, ma ci sta la speranza che a volte sembra miraggio, il trapianto.

I donatori non sono in eccesso purtroppo, anzi. Veramente non comprendo quale perversione faccia dire no a chi rinnova la carta d’identità e riceve la domanda di rito “vuole essere donatore di organi?” Certo, se il parlamento definisse una volta per tutte il silenzio assenso (se non dici no motivato all’espianto sei donatore d’ufficio), legge approvata 20 anni fa ma ancora, colpevolmente, mancano i decreti attuativi, le cose sarebbero forse migliori.

Però ogni tanto succede, la campana ha suonato, nel bene questa volta, anche per me.

Era l’8 agosto, una giornata intensa, alle cinque del mattino a Brindisi ad accompagnare mio figlio che partiva, poi Lecce tutto il giorno per incombenze, poi Castro per cenare e dormire. Solo che alle 21,30 squilla il telefono, 080, Bari, “buona sera ,chiamo dal centro trapianti, c’è una donazione di reni, donatrice 77 enne reni in perfetto stato, lei è il primo in lista”. Mi sono preso un’ora di tempo però non potevo esimermi, dopo tre chiamate nell’anno andate male per vari motivi. Così nella notte si va a Bari, dal momento del ricovero ci si mette nelle mani del personale sanitario, poi la barella, la sala operatoria, la bella anestesista che mi dice “ora le faccio una preanestesia” . Mi sono svegliato otto ore dopo già trapiantato e in terapia intensiva per controlli costanti dei valori. Tutto bene insomma, il rene funziona egregiamente, poi il decorso post operatorio, poi le dimissioni dopo 13 giorni di degenza.

Dopo la terapia intensiva sono stato in una camera a due letti con una persona meravigliosa. Francesco ha appena compiuto 29 anni. Subì un primo trapianto di rene a 5 anni, durò fino ai suoi 24 poi il rene si spense, dopo 5 anni di dialisi altro trapianto donato da un angelo speciale, sua mamma, trapianto da vivente.  E’ ricoverato da oltre un mese Francesco, si sommano problemi su problemi, nonostante ciò è sempre positivo, sorridente, con la battuta pronta, invidiabile indole. Da “veterano” mi ha aiutato molto a capire come funziona il tutto ed era sempre disponibile ad aiutarmi in ogni cosa.

Poi ho conosciuto altri trapiantati, giovani, quarantenni o giù di li. In Italia ci sono 7073 pazienti in lista d’attesa solo per il rene, molti i giovani, per questo non si comprende la perversione dei no. Portarsi gli organi in una bara è uno schiaffo a chi soffre e potrebbe elevare la qualità della sua vita, ne parla anche Papa Francesco quando dice “«La donazione degli organi risponde ad una necessità sociale perché, nonostante lo sviluppo di molte cure mediche, il fabbisogno di organi rimane ancora grande». Quindi nessun alibi, né per i credenti, né per chi credente non è. L’accanimento del no è veramente incomprensibile.

Il giorno dopo il trapianto, ancora un po' acciaccato, leggo su Lecceprima di una donatrice settantasettenne di Lecce, è stata sicuramente il mio passaporto verso la rinascita. A quel punto si affollano mille pensieri nella testa, si rincorono emozioni e gratitudine, sicuramente non chiederò chi era la mia donatrice, questione di etica, però  ho un debito infinito. E il contraccolpo psicologico presenta il conto, è inevitabile, alla gioia per l’operazione riuscita si sostituisce un senso di velata malinconia immaginando gli occhi, i gesti della mia donatrice, immaginando, se possibile, i suoi sogni. E di solidarietà con il lutto dei familiari. Un dono di organi, tutto sommato, è anche un modo per continuare a vivere, per vincere anche quella che Guccini chiamò “il manto della grande consolatrice”.

Ora ho il dovere di trattare bene questo organo che mi ha permesso di liberarmi dalla dialisi, ma anche per rispetto della mia donatrice e dei suoi familiari.

Il fratello di Francesco venne a trovarlo e ci portò due creme caffè. Il barista, visto che erano per l’ospedale, chiese “per una nascita?” “No, per una rinascita”. Sintesi efficace e vera.

 


 

mercoledì 12 luglio 2023

Lecce- primarie si primarie no, la terra dei cachi

 

Sono rimasto stupito leggendo le dichiarazioni di alcuni esponenti del centro sinistra leccese a proposito di primarie per le prossime elezioni amministrative.

In un periodo in cui sia a livello locale che nazionale, la destra, anche estrema, sembra prendere il cucuzzaro intero, cercare motivi di ulteriore divisione nel centro sinistra ha il sapore amaro del “facciamoci del male”.

Certo non si tratta di accettare tutto quel che viene, occorre un dialogo sereno e pacato sulle virtù dell’amministrazione targata Salvemini, ma anche, anzi, soprattutto, sui suoi limiti. Occorre superarli, andare avanti non con trattative da mercato di poltrone o seggiolini, ma con le competenze da mettere in campo per il bene della città e del centro sinistra tutto, per provare a farlo rinascere in modo virtuoso.

Temo che, a fronte di primarie forzose, molti elettori sarebbero quanto meno disorientati. O si dice chiaramente che l’attuale amministrazione non merita la ricandidatura e se ne elencano i motivi, oppure sembra una storia di ripicche per vedere chi è più puro di chi. Antiche storie già viste e mai digerite, che allontanano dalla politica alta, se ancora esiste.  Ritengo eventuali primarie, nei fatti, una sconfitta. Rappresenterebbero una bocciatura tout court dell’amministrazione uscente e un assist a chi vuole azzannare tutto ciò che non è destra. Insomma, un modo di offrire la città e il suo governo a chi amava dire “a Lecce cumandamu nui” ed ha lasciato la città in preda al predissesto.

Il momento è ancora interlocutorio fra le mille anime del centro sinistra apparentemente mai così frantumato e disorientato, si dovrebbe optare per un dialogo aperto. Il cammino per ridare vita ad una città depressa da decenni di voti di scambio e mazzette e amministrazioni che badavano al tornaconto immediato e non alla programmazione di un futuro dignitoso è ancora lungo, tortuoso, pieno di buche da rattoppare e filosofie di vita da cambiare globalmente, tuttavia in questi anni si sono visti passi avanti, magari timidi in alcuni casi, o eccessivi in altri, ma si sono visti. Ora giocare al tiro a segno sarebbe segno di debolezza, non certo di forza. Le primarie non solo non sono necessarie, rischiano di essere dannose e di funzionare da boomerang verso chi le indice. Occorre rafforzare l’amministrazione uscente e farsi carico, ogni partito, formazione, lista, di candidare i migliori. Far parte di una coalizione significa anche controllare il pilota per arrivare a scelte ampiamente condivise. Certo, non è il sol dell’avvenir all’orizzonte, però quanto meno siamo in presenza di onestà e dignità. E non è poco.

 

giovedì 27 aprile 2023

Mario Perrotta . S/Calvino e la libertà

 



“Gira, il mondo gira/ Nello spazio senza fine/ Con gli amori appena nati/ Con gli amori già finiti/ Con la gioia e col dolore/ Della gente come me…”

Inizia così, con le parole di Jimmy Fontana in una meravigliosa canzone, Il Mondo (arrangiata, noblesse oblige, da Ennio Morricone nel 1965) il secolo scorso.

Lui, Mario Perrotta, il meraviglioso affabulatore, in due ore di intenso monologo,   porta lo spettatore nei meandri del lavoro di Italo Calvino, intitolato, appunto, S/Calvino o della libertà. Un viaggio in cui lui  scompone, disarticola, scalvinizza, appunto, i concetti di libertà di Calvino per consegnare allo spettatore una sua visione di libertà.

Sintetizzando in un passaggio di una sua intervista, dice «Indago le opere di Calvino e, intanto, ho in mente una parola fragile: libertà. Un omaggio personalissimo a un autore che ha saputo modellare, e fortemente, la mia visione delle cose del mondo…»

Lui è in scena solo, come sempre, seduto, indossa una giacca di lamè brillante, solo con un microfono, lui è lo scrutatore de “la giornata di uno scrutatore”, ci racconta Palomar, il barone rampante e altre opere dello scrittore, un mondo visto con gli occhi dei ricoverati del Cottolengo, ci racconta di quella libertà che permette loro di vedere il mondo con occhi diversi, disincantati nella monotonia che circonda gli umani “normali”.

 

“Oh mondo

Soltanto adesso io ti guardo

Nel tuo silenzio io mi perdo

E sono niente accanto a te…”

 

E quella libertà che deve diventare da individuale a collettiva è in tutto il monologo di Mario, scomporre il pensiero di Calvino e ricomporlo nella sua ricerca fra città invisibili, cavalieri inesistenti,  e  altre figure che corrono e scorrono in tutto il dialogo monologo. Astrazione, realismo eccessivo di un mondo visto con lo sguardo mai rassegnato e disincantato dell’elettore che forse diventa consapevole dei suoi limiti ma soprattutto mostra la sua grandezza, il disincanto.

Vogliamo bene a Mario Perrotta da quando, guardato quasi con sufficienza dalla sua città, andava per teatri e vinceva premi UBU e non solo, erano altri tempi, per fortuna oggi Lecce riconosce il merito di un artista che meriterebbe veramente di essere coinvolto nella vita aritstica e culturale della città in modo più incisivo e continuativo.  

 

 

Mario Perrotta:

2022 Premio Ubu come Migliore nuovo testo / Scrittura drammaturgica per Dei figli

 2022 Dalila Cozzolino finalista ai Premi Ubu come Miglior Attrice Under 35 per Dei figli

 2019 Finalista ai Premi Ubu come Miglior nuovo testo per In nome del padre

 2018 Miglior spettacolo straniero allo United Solo Festival di New York con A Kiss (versione inglese di Un bès)

2017 Finalista ai Premi Ubu come Migliore progetto artistico con Versoterra

2017 Paola Roscioli Finalista ai Premi Ubu come Migliore Attrice con Lireta – a chi viene dal mare

2017 Premio Internazionale “Pugliesi nel mondo”

2015 Premio Ubu come miglior progetto artistico e organizzativo per l’intero Progetto Ligabue

2015 Premio della Critica/Associazione Nazionale Critici di Teatro per l’intero Progetto Ligabue

2015 Finalista ai Premi Ubu come Migliore drammaturgia con Milite Ignoto

2014 Premio Hystrio-Twister come miglior spettacolo dell’anno a giudizio del pubblico per Un bès – Antonio Ligabue

2013 Premio Ubu come Miglior attore protagonista per Un bès – Antonio Ligabue

2011 Premio Ubu speciale per Trilogia sull’individuo sociale

2009 Premio Hystrio alla drammaturgia per Odissea

2008 Finalista ai Premi Ubu come Migliore attore protagonista con Odissea

2008 Premio Città del diario assegnato dall’Archivio Diaristico Nazionale

2007 Jury Special Award alla TRT International Radio Competition per Emigranti Esprèss

2004 Finalista ai Premi Ubu come Migliore novità drammaturgica con Italiani Cìncali

2003 Targa della Camera dei Deputati per Italiani Cìncali

 

 

 

 

 

 


martedì 11 aprile 2023

Di Faugno, Macaia e lupa di mare

 Succede, nelle città di mare e di entroterra, di essere avvolti da una cappa calda, umida, che rende l’aria difficile da respirare e i movimenti lenti, succede che gli abiti si appiccicano alla pelle, succede che in una giornata di sole stendi la biancheria e non asciuga. Allora i pensieri diventano molli, i ricordi si attorcigliano a quella sensazione caldo umida. Anche gli amori sono lenti come i pensieri, come le cose della vita quotidiana.

Neppure la rabbia per il mondo che gira a rovescio mostra la sua irruente forza.

E vicino al mare o nelle campagne assolate  tutto questo ha un nome.

In Salento questa sensazione si chiama Faugno. Deriva, pare, da Favonio, il vento che arriva da sud o da ovest, insistente, fiero, lento. Un vento che ti fa sentire bagnato.

In Liguria il suo nome è Macaia,  (dal greco malakia, languore, o dal latino malacia, bonaccia di mare). Ne canta Conte in Genova per noi “Macaia, scimmia di luce e di follia…” Quella Genova che (per noi del basso piemonte) era la meta e la partenza. Arrivavano navi, c’era il mare che non sta fermo mai, c’era via del Campo con tutte le sue meraviglie, e c’era, a volte, la Macaia con il suo folle e umido umore.

Con il faugno e la macaia la vita rallenta, “usciamo dopo, quando rinfresca”.  

Era spesso ben accompagnata dalla Caligo,  che in Salento e in Sicilia si chiama Lupa di mare.

La Caligo è quella nebbia sul mare che si forma per l’aria fredda che incontra la superficie più fredda del mare, però noi siamo più legati alla leggenda che dice come la nebbia che non tocca terra   accompagna le anime verso la loro pace. Le preleva da terra, le avvolge e le accompagna verso la luce. Un altro modo per guadagnarsi l’immortalità.

Molto leggendaria anche la Lupa di mare, avvolge e nasconde acque, il suo nome pare derivi dalla Brogna, una grande conchiglia che usavano i marinai per segnalare la presenza dell’imbarcazione. Il suono emesso somigliava all’ululato di un lupo. Insomma, evocativi fenomeni metereologici che si ammantano di mistero.

Mani protese dal profondo sud all’estremo nord, tamburelli e organetti, Paolo Conte e lu rusciu te lu mare si incontrano a raccontare fole.

 

domenica 2 aprile 2023

Al mio amico Mauro

 

Mi arrendo

Sì, basta così,

mi sento estraneo

in ogni cosa, in ogni capitare.

Non ho mai avuto armi

la mia realtà è altra.

Conosco lunghi silenzi.

Mormoro, ripasso versi

fino ad annientarli.

Il fallimento assedia

esserne consapevoli

è desolante.

Amaro sì, ma così

m’appare il tempo

l’andatura della Storia

e la mia storia personale

inceppata nella retorica

dei falsi sapienti, della cultura,

della poesia, di un arte

ininfluente

senza destino

esercizio narcisistico

di attori in un mondo senza mondo

di patrie illuse della loro unicità.

Voglio adesso coltivare

l’ignoranza, il non esserci,

la non disponibilità.

Voglio assentarmi,

rispondere “impreparato”

come un tempo a scuola, quando preferivo la fuga

al banco.

 

Così scrive il mio carissimo amico e maestro di bellezza, Mauro Marino. Versi che si portano appresso bagagli di sforzi per capire, scrivere versi, studiare parole, arrotolarle, farle vivere in ogni momento. “Con la cultura non si mangia” diceva un pessimo ministro dell’economia un tempo. Però di cultura si vive, si deve vivere, pur se arduo farlo. In un mondo dominato dalle verità incredibili (nel senso vero del termine, non credibili), guerre, polverizzazione di vite umane e di città intere per poter conquistare hainoi, hailoro, macerie e dire “ho vinto”. Con un’economia che scorda chi ha poco a vantaggio di chi molto possiede. In queste contraddizioni che senso ha fare poesia? Che senso ha creare cultura? Dove creare è vivere ogni giorno il giorno che arriva, guardare emozioni e rabbia come si guarda negli occhi un bimbo che gioca sereno.

Sono arrivato, purtroppo, in un tempo che ha molto passato alle spalle e pochissimo futuro. L’età incombe prepotente e fiera, al punto che anche uno sguardo porta commozione, si sa, i vecchi hanno la lacrima facile. Mauro si arrende? Non ci credo molto, forse è solo scoramento temporaneo, auspico e spero, io, noi, in tanti, abbiamo necessità della sua pacatezza e della sua capacità di trasformare parole in versi, pensieri in atti, della sua tenacia nel creare cultura, pur se disconosciuta da un mondo raffazzonato di esperti in tutto e capaci in pochissimo.

“Coltivare l’ignoranza, il non esserci…” Macchè Mauro, non è credibile tutto ciò, forse purtroppo non è credibile, sicuramente per fortuna. Contraddizioni si inseguono nel mondo dei non luoghi dove qualcuno arriva a negare la storia e altri a rivendicare il non rivendicabile. Abbiamo trascorso tempi di forte e fiera tensione rivendicativa, poi la storia è andata come sappiamo. Tuttavia ancora qui stiamo, a guardare gli accadimenti, a sperare in lampi di luce, le parole, poesia o altro, sono la forza, il creare cultura, nonostante tutto, è vitale.

A presto Mauro, ci si incontra magari per caso, ma non ci si scorda dell’altro, degli altri, del mondo attorno. 

domenica 5 febbraio 2023

Sanità , regionalismo d'assalto, e altre amenità

Vediamo e leggiamo praticamente ogni giorno dell’importanza della prevenzione delle patologie di varia natura, in particolare per gli anziani. Servono periodici esami, analisi, verifiche, visite per rendere più serena la vita e, alla fine, meno onerosa per il sistema sanitario, la cura di patologie trascurate o scoperte con ritardo. Comportamenti virtuosi sarebbero (il condizionale si impone) un vero toccasana per le persone, per gli anziani e non solo, e una boccata di ossigeno per le casse del sistema sanitario. Tutto questo, tuttavia cozza contro la situazione della sanità demandata alle regioni. Per fare esami in convenzione ormai le liste d’attesa sono infinite, negli ospedali manca personale e quello che c’è lavora in situazioni quasi precarie pur mostrando una professionalità degna dei migliori.  Come assolutamente prevedibile, la sciagura di regionalizzare una materia tanto importante ha prodotto pazienti di serie A e altri di serie B o C. Le regioni ricche hanno molte più possibilità, pur tendendo a privatizzare quasi tutto a discapito, esclusivamente, degli utenti. E con le “nuove” proposte di autonomia regionale con cui il governo tutto ha dovuto sottomettersi ai voleri esclusivi della lega (nord, non scordiamo) le stesse condizioni vogliono introdurre per la scuola. Il tutto per far soccombere il meridione ai voleri dei crapuloni nordcentrici che hanno come unico scopo il creare regioni “virtuose” (quelle del nord fino alla Toscana) e gli altri, quelli che considerano parassiti.

In tutta questa confusione stupisce e non poco, la volontà di molti anche delle regioni che saranno più penalizzate, di voler aderire a questa proposta. “A pensar male si fa peccato, però a volte si azzecca”, diceva un noto politico un tempo, però a spingere verso la regionalizzazione forsennata di tutto ciò che dovrebbe essere universale (sanità, scuola ecc) potrebbe essere chi ha interessi nello specifico. Magari cliniche private, scuole private che non vedono l’ora di divorare il pubblico facendo dei diritti fondamentali motivo esclusivo di lucro.

E guarda caso la discussione in Parlamento sulle autonomie regionali è arrivata proprio alla vigilia di importanti elezioni regionali. Il governo Meloni, pur con gli scivoloni di troppi suoi dipendenti che peccano di improvvisazione e voglia di protagonismo senza rendersi conto di essere governo e non opposizione, difende l’indifendibile ad ogni costo. E, sempre per pensar male, la discussione sul caso Cospito, ha il sapore di arma di distrazione di massa da quello che è il vero scempio della democrazia.

Se la cosa andrà avanti, pur con tempi biblici come previsto in quanto la materia è complessa, sarà un altro referendum a seppellirli. Gli elettori hanno dimostrato più volte di essere molto più avveduti dei guitti. (Renzi docet) .